In
una delle mie passeggiate serali, sono arrivato al Pincio, cercando ristoro
nella fresca brezza del ponentino. Dopo una giornata afosa, mi siedo come al
solito su una panchina, e guardo intorno. La mia attenzione è catturata da una
coppia di ragazzi appoggiati alla balaustra di marmo. Si scambiano effusioni
d’amore, contornati dal bellissimo tramonto di Roma, meravigliosa nella luce
velata della sera. Chissà quale sarà la loro storia?
Li
osservo e la mia mente torna indietro negli anni: c’ero io al posto dei ragazzi
e lei si chiamava Sonia. Aveva un po’ di anni più di me; io avevo appena
diciotto anni e quella con lei è stata la mia prima vera storia d'amore.
Era
molto bella la mia donna, con la presunzione della gioventù la chiamavo così.
Aveva i capelli rossi, gli occhi verdi ed era dolcissima con i suoi vezzi.
L’amavo di un amore incondizionato e, ahimè, possessivo; ricordo che quando non
ero in sua compagnia, mi sentivo incompleto. È stata lei a insegnarmi cosa vuol
dire amare. A quei tempi ero timido, le ragazze della mia età neanche mi
vedevano; impacciato e goffo com’ero. Poi... d’improvviso, come un sogno che si
avvera: ecco lei, la luce dei miei occhi, ed io mi ritrovo in una tempesta
ormonale e allo stesso tempo tutti i tormenti adolescenziali si placano.
La
conobbi in ospedale; era la mia fisioterapista. Un ginocchio rotto mi aveva
costretto a letto per parecchio tempo. Era dolce e adorabile. Nelle nostre
sedute giornaliere parlavamo di tutto, ed io dimenticavo il dolore. Si
confidava con me raccontandomi le sue delusioni d’amore; anch’io le raccontavo
delle mie tristezze, degli amori non corrisposti. E lei si domandava il perché
non avessi una ragazza, visto che ero un bel ragazzo. Lei aveva capito la mia indole romantica e
che mi sentivo un po’ anacronistico per quei tempi con il modo peculiare di
concepire l’amore. Io leggevo i classici del romanticismo da Byron a Prevert,
che maggior parte dei miei coetanei odiava. Tuttavia a me piaceva sognare ed
ero sempre con la testa fra le nuvole. Quello che io vedevo come un difetto lei
lo considerava un pregio. Mi reputava più maturo rispetto alla mia età
anagrafica, cosa che mi innalzò al settimo cielo, perché finalmente avevo trovato qualcuno che
mi comprendesse, capace di guardare oltre, sino al punto di carpire il mio
“Io”. Me ne innamorai, nonostante temessi che,non avrebbe corrisposto il mio
amore, malgrado la considerassi diversa dalle altre donne. Ricordo con
tenerezza, il nostro primo bacio... è ancora stampato nella mia mente. Impaurito
per un suo rifiuto, avvicinai la mia bocca alla sua, mentre l'adrenalina
saliva, trafiggendomi il cuore. Lei ricambiò, e da quell'istante non ci
lasciammo più. Abbandonai la mia casa, dove vivevo con i genitori,
trasferendomi nel suo appartamento. Il tempo passava e noi eravamo innamorati
come il primo giorno.
Una
mia folle idea rovinò tutto: le chiesi di sposarmi. Come se il matrimonio fosse
più importante nella nostra storia... ma non era così. L’importante eravamo noi
con quello che vivevamo giorno per giorno: il nostro amore. Io la volevo
legare... ma non si può legare il vento. Ecco cos’era lei: una ventata di puro
amore donatomi senza condizionamenti. Tentai di rimediare alla mia avventatezza,
in tutti i modi. Ma ormai qualcosa si era incrinato; lei non sopportava di
essere stata la causa della rottura tra me e miei. Si poneva delle domande in risposta ai suoi
sensi di colpa. Un giorno, una lettera sul tavolo pose fine alla storia. La
logica e la razionalità avevano preso il sopravvento in lei e con meticolosità
me ne spiegava i motivi; per noi due non ci sarebbe stato futuro. Dieci anni di
differenza erano tanti per lei, con l’avanzamento del tempo verso la maturità
ne avremmo avuto la conferma. Adesso mi piace pensare, che quella fu una decisione
combattuta. Leggere quelle parole su un semplice foglio di carta, fu un colpo
per me. Era stato l’anno più bello della mia giovane età, ma come tutte le
cose belle, non esisteva più. Non la cercai e la odiai per molto tempo. Il mio
cuore era in mille pezzi; impiegai molto tempo per racimolarli tutti. Il tempo
correva e, sembrerà strano, piano piano l'odio si trasformò nuovamente in
amore. Era particolare: un misto di gratitudine e amore per un ricordo. È stata
lei a farmi diventare l'uomo, che sono oggi, tirando fuori la mia sensibilità
senza provare vergogna. Insegnandomi l’arte dell’amore. La donna è una
splendida creatura; capace di forgiare il carattere di un giovane uomo. Io mi sono
innamorato, sposato e infine separato: ho due figli meravigliosi di cui ne sono
orgoglioso. Ho combattuto per il mio rapporto, ma in ultimo ho saputo lasciare
andare, tenendomi solo i ricordi. Se non avessi conosciuto Sonia, adesso sarei
un uomo pieno di odio e rancore; oltre a conoscere l’amore, con lei mi ho imparato a
viverlo, esternandolo privo di remore e condizionamenti.
Perché un amore, anche se termina, lascia un’impronta nel cuore... e se guardo
bene, mi ha regalato la gioia di vivere. Sono trascorsi quarant’anni... e non mi
ha mai lasciato il pensiero che Sonia sia stata la persona più importante della mia
vita.
Alessandro
Lemucchi ©
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