L'estate
sta finendo, recitano i versi di una canzone, la spiaggia è più silenziosa ed è
l'ideale per le mie passeggiate, ma non sono l'unico ad amare la tranquillità.
Avevo
notato una donna che, come me amava la pace: se ne stava li seduta sulla sabbia
a leggere un libro.
Una
mattina le feci un cenno di saluto e lei ricambio sorridendo: nei giorni
seguenti, avemmo lunghe chiacchierate. Era una donna fantastica, oltre ad
essere bella, era colta e intelligente: con lei si poteva affrontare qualunque
argomento.
Una
sera la invitai a cena, aveva un’eleganza innata sia nel vestire, sia nelle
movenze: delicate ma con un pizzico di malizia. Mi ricordava Agnes, la
protagonista di un romanzo di Milan Kundera: l’immortalità.
All'inizio
i nostri incontri, erano fatti d’innocenti passeggiate per ammirare mano nella
mano un tramonto, ma una sera mi chiese di restare da lei. Ero impaurito perché
non volevo rovinare quell'amore semplice, che ricordava quello degli
adolescenti, che si avvicinano titubanti alle pulsioni che si scatenano nei
loro corpi. Purtroppo quei tempi per noi erano passati da un pezzo: la nostra
era, una relazione complicata, c’eravamo avvicinati, perché le nostre
rispettive storie erano agli sgoccioli, tirate avanti solo per abitudine.
In quella stanza c'erano tutte le nostre
aspettative, fermi al centro non sapevamo cosa fare, mi feci coraggio e presi
il suo viso tra le mani, lei tremava non che avesse paura: mi aveva confidato,
che oltre a suo marito, non aveva mai avuto altri uomini. Con delicatezza
sbottonai la camicetta di raso: la pelle era vellutata la baciai delicatamente
le mie mani scorrevano sulla schiena, feci saltare la chiusura del reggiseno,
era perfetta.
Miei Dei cosa avevo fatto per aver accanto
questa donna meravigliosa, continuai a baciarla. Eccitata, in preda ad una
passione a lungo repressa, strappo via la mia camicia: esplorando ogni centimetro
del mio corpo, mi baciava e mi mordeva. Il desiderio aumentava, gli ultimi
vestiti caddero, avvolti nel vortice della più sfrenata lussuria, viaggiavamo
verso lidi sconosciuti e al culmine del piacere, sentii le nostre anime che si
univano: vibravano all'unisono e la melodia era paragonabile al crescendo di
violini della primavera di Vivaldi. Stanchi ma felici e appagati ci guardammo
negli occhi e capimmo che da quel momento non ci sarebbero stati più ostacoli
al nostro amore, lo avremmo vissuto giorno dopo giorno , assaporandone ogni
attimo come se fosse l'ultimo.
Alessandro
Lemucchi ©
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV,
Sezione II, e sue modificazioni.
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