Le tempie incanutite
nel silenzio la folta chioma
ha solo bianche striature ingiallite
fremono le membra indebolite.
Giorni immutabili
il tempo scorre tiranno
affossa speranze defili
di sogni che sole
non avranno.
Un pensier m’assale
ribelle e scalpitante
avanza irrazionale
luce accecante
della memoria antica s’avvale.
È questa dunque la morte
per quanto si cerchi con insistenza
è sempre Lei a decidere la sorte.
Arcano il suo disegno
disseminato di sentieri contorti
a cui senza capir non mi rassegno
i suoi insegnamenti voglio assorti
per trarre risposte cui abbisogno.
Tre volte ha rimandato
il fatale incontro
a dubbio atroce fui condannato
della solitudine ho fatto antro.
A scontar di vite passate le malefatte
vuole ancor su questa terra io sia
e all'alma
l’immonde azioni detratte
al fin dell’universo comprender poesia.
Alessandro Lemucchi ©
Tutti i diritti riservati
Opera pubblicata ai sensi
della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni.
" La morte si manifesta nelle desolazioni della vita stessa, deturpata dai frammenti dei sogni, dal fumo delle speranze, dal rimpianto della giovinezza spensierata.Con l 'illusione, esitante, che la morte sia il passo breve a nuova vita, a risposte su dubbi e ombre esistenziali. Ma il passo non avviene, facendosi dinnanzi la convinzione che la vita reale sia una punizione impostaci dalla morte. Per farci scontare ingiustizie commesse in passato". Grandi e profonde riflessioni esprime l'autore in questa poesia.Si denota una fragile sensibilità ,nell'assumersi quasi la colpevolezza per aver istigato l 'ira della morte.
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